Le malattie neurodegenerative rappresentano un insieme eterogeneo di entità nosografiche distinte, accomunate tra loro da alcune caratteristiche patogenetiche e cliniche. Dal punto di vista della patogenesi, sono caratterizzate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare a carico dei neuroni. L’eziologia esatta alla base di questo processo patogenetico non è ancora definita ma nella maggior parte di esse numerosi fattori di rischio, di origine sia genetica sia ambientale, sembrano giocare un ruolo fondamentale. Sebbene nelle fasi di esordio possano assumere un carattere focale, queste patologie in genere colpiscono bilateralmente uno specifico sistema neuronale, dando luogo a una sintomatologia clinica estremamente variegata che si manifesta, a seconda del tipo di malattia, con deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie e disturbi comportamentali e psicologici, più o meno gravi. La definizione e la classificazione delle malattie neurodegenerative, a causa della sovrapposizione della sintomatologia e qualche volta anche della condivisione di alcune fasi del processo patogenetico, continuano a essere argomento di un acceso dibattito medico-scientifico. Tuttavia attualmente si può dire che sotto questo nome vengono raggruppate diverse entità cliniche ben definite, delle quali le più note sono la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, insieme poi al morbo di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, la paralisi sopranucleare progressiva, la demenza frontotemporale, la demenza a corpi di Lewy e la sclerosi multipla.
La malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer, denominata anche demenza di Alzheimer, è la più comune tra le patologie neurodegenerative. Benché ne esista anche una forma a insorgenza precoce, molto più rara, la malattia di Alzheimer colpisce prevalentemente i soggetti in età avanzata e rappresenta la causa più frequente di demenza senile, pari da sola al 50-60% dei casi.
Da un punto di vista clinico la caratteristica macroscopica più evidente della malattia di Alzheimer è la marcata atrofia a livello cerebrale, che determina un’aumentata ampiezza dei solchi cerebrali e un incremento del volume ventricolare. Questo determina un deterioramento cognitivo ingravescente, in cui riveste primaria importanza il deficit di memoria. A ciò si associano sintomi comportamentali e psichici, quali depressione, agitazione e psicosi, che portano inevitabilmente il soggetto a una significativa riduzione della capacità di svolgere le comuni attività della vita quotidiana.
Nella malattia di Alzheimer è di frequente riscontro un disturbo di linguaggio che all’esordio è caratterizzato dalla difficoltà a evocare nomi di uso comune, con il risultato di produrre contenuti informativi lievemente impoveriti. In una fase più avanzata il linguaggio spontaneo diventa sempre più ridotto, con molte anomie e caratterizzato dall’uso continuo di frasi fatte. Anche la comprensione linguistica mostra delle lacune per via dell’impoverimento progressivo del lessico e del grave deterioramento del livello semantico-lessicale. A questi si aggiungono deficit di lettura e scrittura, che assumono i caratteri di dislessie/disgrafie superficiali.
Il morbo di Parkinson
Il morbo di Parkinson colpisce circa lo 0,3% della popolazione di età superiore a 40 anni e circa il 3% di quella oltre i 65 anni. La prevalenza cresce in maniera esponenziale tra i 65 e i 90 anni. L’età media di insorgenza è di circa 57 anni, ma in alcuni casi l’esordio può avvenire nell’infanzia o nell’adolescenza (parkinsonismo giovanile). L’eziologia è sconosciuta. Si verifica una degenerazione dei neuroni della substantia nigra, del locus ceruleus e del nucleo dorsale del vago, con presenza di inclusioni citoplasmatiche ialine (corpi di Lewy), che causano complesse alterazioni neurotrasmettitoriali con prevalente compromissione delle vie dopaminergiche.
Il morbo di Parkinson può presentarsi con sintomi e segni diversi. Le caratteristiche principali sono il tremore, la bradicinesia (lentezza dei movimenti), la rigidità e l’instabilità posturale. Nel 50-80% dei pazienti la malattia esordisce in modo insidioso, con un tremore a riposo di una mano, che diminuisce durante il movimento e scompare con il sonno e aumenta invece con le emozioni e la fatica. Successivamente il tremore colpisce maggiormente le mani, le braccia e le gambe, e possono anche essere interessate la mandibola, la lingua, la fronte e le palpebre. La voce diventa ipofonica e spesso si accompagna a una caratteristica disartria monotona e balbettante.
In un’ampia percentuale (circa 50%) dei pazienti può manifestarsi demenza, caratterizzata principalmente da un deficit delle funzioni cognitive sottese dall’integrità dei lobi frontali (funzioni esecutive), la cui attività risulta marcatamente ridotta a seguito della modificazione delle proiezioni che originano nei nuclei della base. Progressivamente nelle fasi tardive si associano anche deficit di memoria e disturbi comportamentali. Infine va ricordato come alla malattia di Parkinson spesso si associno forme depressive.
La sclerosi laterale amiotrofica
La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia degenerativa progressiva che colpisce selettivamente i motoneuroni, interessando sia quelli superiori (corticali), sia quelli inferiori (troncoencefalici e midollari); si può presentare con quadri clinici diversi: amiotrofia spinale, paralisi bulbare, sclerosi laterale primaria, paralisi pseudobulbare.
La prevalenza della malattia varia tra 1,2 e 1,8 casi per 100.000 individui. L’età media di insorgenza è di 55 anni, con maggiore incidenza negli uomini; esiste però anche una forma giovanile che si manifesta nel primo decennio di vita.
La scomparsa dei motoneuroni causa una progressiva atrofia muscolare: i muscoli volontari non ricevono più i comandi provenienti dal cervello e, nel tempo, si atrofizzano portando a una paralisi progressiva dei quattro arti e dei muscoli deputati alla deglutizione e alla parola. Vengono generalmente risparmiate le funzioni cognitive e quelle sensoriali. La disartria e la disfagia sono dovute al coinvolgimento dei nuclei e delle vie del tronco.
Demenza frontotemporale
La demenza frontotemporale (FTD, Frontotemporal dementia) è una patologia neurodegenerativa caratterizzata da deficit cognitivi, alterazioni di personalità e modificazioni del linguaggio. Il termine demenza frontotemporale include un eterogeneo gruppo di condizioni come il morbo di Pick, la FTD associata a parkinsonismo correlata al cromosoma 17 (FTDP-17), l’afasia primaria progressiva e la demenza semantica. È la seconda causa più comune di demenza corticale a esordio precoce (〈65 anni) dopo la malattia di Alzheimer,colpisce in ugual misura entrambi i sessi e una quota significativa di pazienti (20-40%) ha una storia di familiarità. Il decorso è caratterizzato da un esordio subdolo e da una progressiva compromissione delle funzioni cognitive, con un’evoluzione relativamente rapida.
La FTD è una malattia con patologia eterogenea, caratterizzata da atrofia focale lobare che interessa in particolare la corteccia frontale orbitobasale, la regione del polo temporale e l’amigdala. Sul piano clinico la FTD è caratterizzata inizialmente da profondi disturbi della personalità con alterazioni del comportamento e/o deficit del linguaggio. I disturbi comportamentali più frequentemente osservati includono disinibizione, apatia, precoce compromissione della condotta sociale, perdita della consapevolezza del sé, stereotipie e perseverazioni, irritabilità, impulsività, rigidità mentale.
I deficit progressivi del linguaggio sono invece prevalentemente caratterizzati da problemi di espressione o gravi difficoltà di denominazione e problemi nella comprensione. In particolare nelle forme di demenza semantica si assiste a una progressiva erosione delle conoscenze semantiche e a un graduale impoverimento del contenuto dell’eloquio.
Sclerosi Multipla
La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia a decorso cronico in cui si verificano un danno e una perdita di mielina in più aree (da cui il nome «multipla») del sistema nervoso centrale. Queste aree di perdita di mielina (o «demielinizzazione») sono di grandezza variabile, prendono il nome di placche e possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi».
Nel mondo, si contano circa 2,5-3 milioni di persone con SM, di cui 450.000 in Europa e circa 65.000 in Italia.
La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini.
Le cause sono ancora in parte sconosciute sebbene la ricerca abbia fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. La SM è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di vita, che è infatti paragonabile a quella della popolazione generale.
Per quanto riguarda i sintomi, alcuni sono più frequenti rispetto ad altri, a seconda della localizzazione delle lesioni nel sistema nervoso centrale. Tra questi ricordiamo: disturbi visivi, astenia, disturbi della sensibilità, disturbi della coordinazione e disturbi di linguaggio. Questi ultimi si presentano sotto forma di disturbi dell’articolazione, o disartrie, derivanti da debolezza e mancanza di coordinazione della lingua e della muscolatura orale e facciale coinvolta nella produzione di suoni e parole. L’intervento logopedico è di estrema importanza ed interviene sulla respirazione, la fonazione , l’articolazione e la risonanza.
Per informazioni e appuntamenti: 06.45597067
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